I risultati.

Con il segnale di tipo “A” (banda intera) aumenta in modo significativo l’area interessata che si estende dalla zona occipitale a quella parietale.

Con il segnale di tipo “B” (banda al di sotto dei 22kHz) si attiva una regione della corteccia celebrale di dimensioni inferiori  mentre il solo ascolto del segnale “C” (banda superiore ai 22kHz) attiva una regione di dimensioni più piccole. In più questo segnale non viene riconosciuto dai soggetti sotto test come un suono se ascoltato separato da quello di tipo “B”.

Inoltre tutti i soggetti evidenziano come la maggiore estensione del segnale a banda intera conferisce maggiore ariosità, dettaglio e ambienza rispetto allo stesso segnale limitato a 22kHz, è tutto questo a prescindere dall’età, dal sesso e dalle condizioni psicofisiche del soggetto.

Da aggiungere inoltre che attraverso la PET si è notato anche un interessamento del tronco encefalico e della parete del talamo sinistro, in pratica la parte di cervello più antico che è responsabile dell’emissione di sostanze in grado di indurre uno stato si piacevolezza e tranquillità.

Resta sempre il dubbio in questo studio, proposto come ipotesi, che l’ascolto delle frequenze poste al di sopra dei 22kHz sia da attribuire per una piccola parte ad un affinamento delle qualità della membrana del timpano, ritenuta comunque  poco probabile, mentre assume una grande rilevanza la percezione attraverso la trasmissione ossea quale principale via di trasferimento dei segnali ultrasonici verso l’orecchio interno, anche se non viene dichiarata apertamente.

Deduzioni

Certo che se i ricercatori avessero condotto la stessa analisi anche attraverso la stimolazione ossea probabilmente oggi saremo di fronte ad un notevole passo in avanti sulla conoscenza del funzionamento del sistema uditivo e sulla percezione delle frequenze ultrasoniche.

Non credo infatti, come sostiene qualcuno, che la maggiore irrorazione della corteccia celebrale sia il risultato di un artefatto, una invenzione momentanea del cervello, perché interviene in maggior misura solo quando è associata a tutto lo spettro audio, ultrasoniche comprese, e non in altri casi non riconducibili in prima analisi a stimoli sonori reali.

Probabilmente siamo ancora in una fase intermedia dove gli studi legati alle neuro scienze sono in una fase preliminare, ma non per questo ritenuta poco degna di attenzione. Sono più propenso a credere che ci siano altri fattori, ancora poco noti, che portino il sistema uditivo a percepire meglio i suoni attraverso la stimolazione ossea offrendo un “segnale aggiuntivo” che viene correlato ed integrato al suono in banda acustica. Sarebbe auspicabile che la stessa impostazione tecnico-scientifica utilizzata in questo studio fossa applicata in altri studi che contemplassero  anche la stimolazione per via ossea.

C’è comunque da sottolineare come il tema in questione sia ancora aperto a future implementazioni. Basti pensare per esempio alla recente presentazione (2011) di uno studio sulla realizzazione “ di una protesi acustica ad ultrasuoni” che utilizzi proprio la stimolazione ossea come canale di trasmissione dei suoni, che vede coinvolte diverse realtà genovesi compreso l’Istituto di Biofisica del CNR (Almanacco della Scienza); o l’annuncio dato qualche tempo fa dalla Marina Militare americana e apparso sul quotidiano “La Stampa.it”,  che recita testualmente “secondo gli scienziati della Marina Militare USA sottacqua è possibile udire la quasi totalità della gamma dei suoni ed arrivare fino ad una frequenza di 200 kHz ”(Estratto del 27-05-2011) attraverso la trasmissione ossea, visto che la membrana del timpano è compressa dall’acqua. In particolare hanno definito una zona precisa del cranio indicando il Mastoide (protuberanza ossea posta dietro l’orecchio) quale principale fonte di partenza dei suoni verso l’orecchio interno. Questo è quanto hanno comunicato i ricercatori del Naval Medical Research Lab a Groton, nel Connecticut (USA). Una attenzione particolare quindi che può aprire nuovi orizzonti e non solo per i possibili risvolti militari, ma anche per applicazioni più nobili sotto il profilo sociale, permettendo attraverso la percezione degli ultrasuoni di poter integrare o annullare parziali perdite di udito.

Infatti tutto lascia pensare che in qualche modo il corpo umano riesca a percepire gli ultrasuoni e che questi contribuiscono ad aumentare quella sensazione di piacevolezza già nota da tempo ed associata alla presenza di altissime frequenze.